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Dicono di me - Sarah Del Giudice
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Dicono di me

Sarah Del Giudice / Dicono di me

“… Lei in fonderia è arrivata per ultima: doveva studiare. Dopo il liceo artistico si è iscritta all’Accademia di Belle arti di Firenze, alla scuola di scultura ed ha finito licenziandosi con la lode. È stata brava, come si dice, ma a me pareva assai più brava quando, certi giorni, dopo lo studio, veniva a dar mano in ditta. Dal lavoro, dal ripetersi quotidiano sempre degli stessi gesti, sembra incredibile, ma può accadere alle volte che si riveli come un miracolo il senso di qualcosa che fino a poco prima non conoscevamo; chissà quante volte le sarà capitato. “La sua vera scuola, come del resto lo è stata anche per me, è la fonderia; un luogo dove si apprende per esperienza, attraverso la pratica, la conoscenza del mestiere…”

Le sculture di Sarah parlano dei suoi desideri, delle sue aspettative, dell’idea che ha del mondo, e di come lo vorrebbe. Un mondo in bilico tra il gioco e le assurdità della vita. Tra dubbi e certezze è andata avanti, come si conviene a chi sa che ad ogni passo ne segue sempre un altro, non necessariamente nella direzione voluta, ma si procede.”

“… Sarah è per l’appunto figlia d’arte e di lei mi è facile individuare il luogo in cui le radici della sua vena artistica hanno trovato un fertile terreno.”

“… E’ nella fonderia appartenuta al padre e prima ancora al nonno che Sarah ha ricevuto gli indispensabili stimoli necessari cominciando ad avvicinarsi ai principi del mestiere, ascoltando ed osservando decine di scultori al lavoro, alcuni professionisti altri dilettanti, assorbendone i diversi approcci alla creazione con la naturalezza di chi vive l’arte come fatto domestico; non poteva trovare altrove un ambiente più ricco, più simile a quello delle botteghe…”

“Pur conoscendo Sarah da molti anni mi rendo conto solo adesso per la prima volta, di fronte alle opere che ha prodotto e che guardo oggi con stupore e con occhi diversi e con attenzione nuova, di quanta parte di lei come persona, madre, donna e artista mi sia stata ignota.”

Tutti i soggetti cari a Sarah sono legati alla sua sfera privata, appartengono alla sua dimensione affettiva profonda e sono fotografati in un contesto amico, rassicurante e protettivo. Nell’esecuzione l’alternanza di forza e fragilità sottolinea e rivela la sottile essenza che impregna la sensibilità di un’artista in evoluzione. Come nella vita così nell’arte. I suoi temi portanti e prediletti sono la donna e l’uomo, considerati come elementi indivisi della coppia come fusione di due esseri che vivono all’unisono i momenti coinvolgenti della loro vita e li ripercorrono filtrandoli attraverso il ricordo. Di Sarah ci seducono poi le dolcissime maternità e le creazioni legate al viaggio, dove cappelli scarpe e valigie in chiave simbolica e un po’ ironica rimandano al percorso più ampio della vita, intesa come inevitabile evoluzione e come necessità che il cuore e la mente serbino sempre la speranza di un viaggio nuovo in un qualche futuro.

Tutte le sculture di Sarah sono un atto di amore per questo che è il suo mondo condiviso. Un mondo che sembra un microcosmo galleggiante giunto da lontano, sopravvissuto al cambiamento dei tempi, sincero e solido, dove la tradizione del passato non viene rinnegata ma rivisitata con la spregiudicata e consapevole leggerezza di chi è in possesso di una chiave di lettura della realtà intrisa di autentica poesia.”

“Quando ho conosciuto Sarah, era una giovanissima studentessa dell’Accademia d’arte di Firenze. Nella fonderia di Meleto c’erano delle sculture appoggiate sulla scala. Domandai di chi fossero. Erano di Sarah. Avevano un sapore di Paris anni cinquanta, con una materia molto espressiva ma non espressionista. Sarah contiene con calma se stessa e non si lascia debordare dalle passioni. Una volta che ha finito l’Accademia, credo non si sia posta nessuna alternativa. Ha accettato il suo itinerario di vita come si accettano le linee disegnate dentro le nostre mani.”

“Oggi Sarah continua a fare sculture, anche grandi, e in qualche modo è fortunata perché può fare tutto con uno spirito di accettazione della vita . Negli ultimi lavori si vede scorrere una vena di allegria fatta di vezzi giovanili e di colori festosi come quelli che quotidianamente invadono la fonderia con l’arrivo dei suoi due bambini.…pensando con quanto interesse oggi i giovani guardano al loro futuro, vedo con piacere nel suo animo qualcosa di buono come negli occhi di tutti i Del Giudice. Sarah ha talento non sta aspettando maturazioni, era già matura quando faceva l’Accademia..”

Guardando le opere di Sarah Del Giudice, vengono alla mente le Ballerine di Degas e per certi rimandi formali e per la tecnica del bronzo che li accomuna, artisti come Arturo Martini, Marino Marini, Alberto Giacometti e Marino Mazzacurati. Non è possibile separare l’aspetto creativo dall’aspetto tecnico dice Del Giudice, anche perché è proprio l’alta conoscenza del mestiere, che permette ad un artista di esprimersi; la tecnica in tal caso diventa uno strumento per comunicare dei pensieri, delle sensazioni... Da una parte guardo l’aspetto pratico, e tecnico (difetto del mestiere) dall’altra indago l’aspetto creativo e più intimo dell’idea con cui nasce una scultura. Da un’ altra dichiarazione della stessa artista possiamo cogliere ciò che la sua arte rappresenta: “Dal fare accademico sono passata ad una fase più ironica e divertente, dove le cose che faccio sembrano prese tutte alla leggera, quando in realtà chi mi conosce bene, lo sa che non prendo quasi mai niente alla leggera. Ho cominciato da un’ indagine sul corpo approfondita dal disegno anatomico e dallo studio della figura intesa come modello in posa, poi con il tempo la mia attenzione si è spostata più all’aspetto sensibile; mi colpisce un atteggiamento, una frase in una canzone, un dipinto o un titolo di un quadro, la postura di una persona, o il suo modo di camminare”. È da tutto questo che vengono fuori opere come: Il primo bacio, Progettando, Scarpe grosse cervello finoColloquio sul cappello, Viva l’Italia, tutte opere apparentemente ironiche e “leggere” che celano in realtà una sensibile vena poetica.

La famiglia Del Giudice è una delle più belle realtà creative del nostro territorio. Una tradizione artistica, fatta di inventiva e di manualità, di fantasia e di tecnica, ormai più che secolare. E’ una fortuna per il Comune di Greve in Chianti poter contare su questa straordinaria risorsa. Sarah e Giacomo, ultima (nel senso di “attuale”, naturalmente) generazione della Fonderia, sono due artisti promettenti, che in questa loro opera dimostrano la loro bravura, la loro generosità e il loro attaccamento al territorio. Arte per vocazione “pubblica”, la loro. Dopo aver eseguito il bronzo di Fuad posto qualche mese fa nella Piazzetta Tirinnanzi del Capoluogo, adesso esordiscono anche come autori con questo bel medaglione destinato a Panzano, e in particolare a uno dei luoghi più frequentati del paese. Brava Sarah, bravo Giacomo. Facciamo tutti il tifo per voi…”

(in occasione dell’inaugurazione del Medaglione Bronzeo per Panzano in Chianti)

Già dalle prima produzione artistica di Sarah Del Giudice si assiste a diramazioni che vanno dalle forme ancora classiche dei ritratti, vedi “Silvia” alle più moderne istallazioni, come “Riflessi in strada” realizzato dall’assemblaggio di cucchiai, e “Giubileo”, un insieme di tanti piccoli busti in gesso(…) Sarah dimostra, da subito, di non smarrirsi nel dedalo di tante vie percorribili, perseguendo un progetto di figurazione ideale, pur con l’uso di materiali diversi: legno, gesso e cemento, di frequente, si sofferma sulla rappresentazione non tanto dell’esteriore quanto dei caratteri più intimi della figura.